da Carta del 23 maggio 2002

Un Sindaco e il suo acquedotto:

´Mi vogliono obbligare a privatizzareª

TOSCANA, 1999. Numerosi comuni cedono la gestione della rete idrica a società per azioni: il 54 per cento a maggioranza pubblica, il restante 46 per cento è attribuito ai privati con una gara estesa obbligatoriamente a soggetti dell'Unione europea. La multinazionale Suez Lyonnaise des eaux vince l'appalto. Risultati? Gli impianti oggi sono sempre gli stessi. L'acqua anche. Le bollette invece sono mediamente triplicate e il bilancio è in rosso. Con la Finanziaria 2002, la Toscana è diventata il modello. Qualcuno però non ci sta. Come Massimo Rossi, sindaco di Grottammare [Ascoli Piceno].

Cosa succede alle reti idriche italiane?

Diciamo innanzitutto che la riduzione del potere degli enti locali a favore dei privati è un fenomeno affermatissimo oggi in Italia in diversi settori. E l'ultima finanziaria, in questo è un capolavoro. Sotto questo punto di vista, la situazione del sistema idrico integrato è gravissima. Siamo di fronte, in pratica, alla liberalizzazione generalizzata e alla privatizzazione di questi servizi. Che avviene nel più completo silenzio delle parti politiche. Come? L'articolo 35 della finanziaria 2002 riforma completamente il sistema idrico municipalizzato istituito nel 1903 .La prima follia è che una riforma di tale portata avviene attraverso un articolo della finanziaria. Non solo: il governo ha di fatto preso una decisione in un ambito che in realtà è di competenza regionale.

La finanziaria sostanzialmente prevede che entro dicembre 2002 tutte le società pubbliche si trasformino in società di capitali attraverso due possibili procedure : la gara di appalto, che di fatto significa permettere alle multinazionali dell'acqua come Suez Lyonnaise des eaux e Vivendi di conquistare questo nuovo mercato, oppure affidare il servizio idrico integrato a società di capitali partecipate da enti locali. In questa seconda ipotesi i comuni devono comunque procedere alla vendita di almeno il quaranta per cento del servizio ai privati.

Come è stato accolto finora l'articolo 35?

Di fronte a tutto questo c'è chi esulta e chi sta zitto. Tra questi ultimi, alcuni dicono "è una strada segnata dopo la legge Galli" [la 36 del 1994]. In realtà il vero obiettivo di quella legge è migliorare la gestione integrata del sistema idrico, renderla più efficiente, non privatizzarla. Altri sostengono che dobbiamo imitare i paesi europei. Magari! In Olanda, Danimarca, Svezia e persino Svizzera, prevale ancora la completa gestione pubblica e comunque nessuno di quei governi impone la privatizzazione come fa Berlusconi. Ma lo sanno il governo e il centrosinistra che negli Stati uniti il sistema idrico è pubblico? Per questo mi chiedo: ma con quale faccia il governo dice sì al ponte sullo Stretto invece di dare acqua ai cittadini siciliani? C'è chi dice con tono rassegnato che ormai il destino è scritto come per i diritti dei lavoratori. Eppure sul lavoro c'è una battaglia dura, a cominciare dalla difesa dell'articolo 18, per l'acqua nulla.

E in una cittadina come Grottammare?..

A Grottammare c'è il Consorzio idrico del Piceno. è nato negli anni '60 e gestisce la rete idrica di cinquanta comuni, vale a dire trecento mila abitanti. In realtà l'estate sono molti di più. Le tariffe del Consorzio rispetto a quelle delle grandi città sono nettamente inferiori: con la media di 0.32 euro al metro cubo sono in pratica la metà di quelle di Roma e un terzo di quelle di Bologna, Napoli e Palermo. Cade dunque completamente la motivazione della riduzione dei costi. Che poi siano numerosi sindaci a cercare la presunta efficienza del privato invece di valorizzare l'attività dei comuni che amministrano è bizzarro. Il governo si difende dicendo che quella che viene data al mercato è solo la gestione dell'acqua, mentre la proprietà delle reti rimane pubblica.

Una stupidaggine colossale: se l'appalto va alle multinazionali, è illusorio pensare che il potere politico sia in grado di mantenere il controllo sui privati. Nel tempo è impossibile conservare il controllo, ma anche la mantenere la conoscenza scientifica necessaria per gestire quel tipo di servizio. Dunque, di fatto, l'acqua è venduta per sempre ai privati. Per questo è importante oggi che nei consigli comunali si parli della gestione dell'acqua, anche con l'aiuto dei numerosi Comitati territoriali di appoggio alla campagna "Acqua bene comune" che sono nati in tutto il Paese.

Come si contrasta questa deriva?

Oltre alla campagna citata, siamo in attesa che i ricorsi fatti da alcune regioni alla Corte costituzionale per invasione di competenza, portino qualche frutto. C'è anche la possibilità di realizzare un referendum per chiedere l'abrogazione dell'articolo 35. Nelle prossime settimane, numerosi Comitati territoriali faranno un convegno per ipotizzare alcune azioni di disobbedienza che i consigli comunali potranno realizzare.