da EcoinformazioniÝÝ del 23.05.2003
Giovedì 22
maggio, alla Sala civica di Villa San Giuseppe di Erba, si è tenuto il convegno
Acqua: bene comune dellíumanità, sul
tema del diritto di accesso allíacqua nel mondo e sul rischio privatizzazione.
Líiniziativa, organizzata dal circolo di Legambiente di Merone e da Rete
Lilliput, ha avuto il patrocinio dal Comune di Erba e dalla Federazione
nazionale lavoratori energia della Cgil.
La
serata si è aperta con la proiezione del documentario Líacqua che non cíè di Alessandra Speciale girato in Burkina Faso
con la collaborazione di Rai 3. Il documentario testimonia in modo esplicito la
situazione disastrosa della popolazione a causa della privatizzazione
dellíacqua.
Il
2003 è stato dichiarato líanno mondiale dellíacqua che oltre ad essere
minacciata dai problemi di inquinamento e spreco è insidiata in modo sempre più
insistente dallíombra della privatizzazione, un business inconcepibile che è
stato lentamente inglobato dai governi e dalle grandi organizzazioni mondiali
quali Wto e Banca Mondiale e sta crescendo in modo inesorabile nei paesi
occidentali a spese di quelli più poveri che per primi ne subiscono e ne
subiranno le conseguenze. Lo stesso ragionamento va applicato nellíambito
agricolo: se si pensa che il 70 per cento delle risorse idriche captate vengono
utilizzate per irrigare le colture, la privatizzazione non farà che favorire le
grosse aziende agricole che, disponendo di capitali, potranno prosperare a
discapito delle famiglie contadine. Il convegno, organizzato da Legambiente
Merone e dalla Rete Lilliput di Como, ha voluto sottolineare a più riprese
líimportanza dellíeducazione allíacqua come diritto umano e sociale che deve
essere garantito a tutti gli abitanti della terra non come un prodotto a
pagamento che diventa fruibile solo dai ricchi.
Roberto
Fumagalli di Legambiente Merone ha esordito con una panoramica inquietante
sullo spettro della privatizzazione delle risorse idriche. I dati e le cifre
che arrivano dai paesi sottosviluppati sono impressionanti, ma ormai le
ascoltiamo con indifferenza anche se i morti per carenza di acqua potabile sono
tanti e líattenzione e il disprezzo tornano a farsi vivi quando si parla di
situazioni in cui agiscono le multinazionali occidentali.
Per
un popolo ricco líaumento dei costi legati allíaccesso alla risorsa idrica in
termini di allacciamenti e utilizzo non inciderebbe sulle condizioni di vita e
salute della popolazione.
In
Italia abbiamo già attuato la privatizzazione delle acque minerali, attraverso
líaffidamento in concessione a delle Spa dei terreni sui quali vi sono le
fonti. Tali concessioni della durata di 30 anni ad un prezzo irrisorio permettono
alle società delle minerali di ottenere guadagni e potere.
Paolo
Rizzi del Contratto mondiale sullíacqua,
cioè la proposta centrale del Manifesto
dellíacqua redatto nel1998 dal Comitato Internazionale, ha esordito con
líaffermazione che líacqua sta diventando un bene di mercato e i problemi di
inquinamento, spreco e sfruttamento ad essa legata, provocheranno una crisi
ecologica che andrà risolta con soluzioni ecologiche e una crisi commerciale
che però non sarà risolvibile con soluzioni di mercato. La soluzione proposta è
la democrazia.
Rizzi
ha illustrato le proposte principali emerse dal Forum alternativo mondiale
dellíacqua svolto a Firenze nel marzo 2003, soffermandosi sui problemi
principali quali líinutilità di forum come quelli di Kyoto 2003 nei quali la
tendenza è la compartecipazione fra pubblico e privato nella gestione della
risorsa idrica. Il prodotto acqua è quindi già una realtà anche in sedi nelle
quali il problema fondamentale dovrebbe essere la gestione equa e globale delle
risorse per tutti.
Il
cittadino che ha dei diritti in questo schema di privatizzazione diventa un
cliente, e i clienti si dividono in buoni, che hanno soldi da spendere e
cattivi, che non ne hanno e per tanto sono esclusi dallíutilizzo del bene.
Peccato non si stia parlando di televisori ma di acqua.
Kyoto
ha fallito anche per la mancanza di contenuti, continuando a sbandierare uno
ìsviluppo economicamente sostenibileî in cui di sostenibile cíè solo la parola.
Anche a livello di gestione, la tendenza è frammentare la risorsa idrica
piuttosto che condividerla, fenomeno che si riscontra anche a livello
nazionale; i bacini, infatti, vengono divisi non per tracciato ma per
competenze amministrative, impedendo una gestione efficiente ed efficace.
Una
conferma del cammino intrapreso dal Forum mondiale sullíacqua di Kyoto è la Virtual Water, ossia sostituire líacqua
nei posti in cui è difficile farla arrivare con cibo ad alto contenuto idrico,
come verdure o carne, innescando un vero e proprio mercato in cui líacqua non
appare nemmeno, pur essendo il centro della disputa.
Una
delle soluzioni che propone il Forum Alternativo sullíacqua è garantire il
finanziamento pubblico dei servizi idrici nel mondo attraverso la costituzione
di un sistema mondiale di imposizione fiscale attraverso due Water Tax, una
legata alle acque minerali e la seconda derivata dal reddito nazionale lordo,
del quale una percentuale andrebbe a creare un fondo per la cooperazione
internazionale.
Rizzi
ha ricordato che la sensibilizzazione al ìproblema acquaî è fondamentale e in
tal senso ha sottolineato che la spesa per ripristinare i danni ambientali di
tipo idrogeologico è sette volte superiori agli investimenti che servirebbero
per una necessaria prevenzione.
Roberto
Meregalli della Rete Liliput, coordinatore della campagna Questo mondo non è in vendita ha esposto líobiettivo di bloccare la
conferenza del Wto in programma dal 10 al 14 settembre a Cancun, che farà il
punto sui negoziati per il rinnovo dei Gats fissati per il 2005.
Prima del dibattito finale,
nel quale molti sono stati gli interventi del folto pubblico, sono stati
portati esempi diretti della privatizzazione in America latina. Matteo Massa e
Marco Caimmi di Rayos de Sol, una onlus che, occupandosi di solidarietà con il
popolo andino ha documentato la rivolta della popolazione di Cochabamba in
Bolivia. La privatizzazione dellíacqua era stata affidata ad una società che
faceva a capo alla Bechtel, una multinazionale statunitense con diramazioni in
Europa e anche in Italia, provocando dei rincari esagerati del costo del
servizio e quindi una sommossa popolare sedata nel sangue, che tuttavia è
riuscita a ripubblicizzare il servizio idrico.
Situazioni
analoghe si verificano in Colombia, e sono state testimoniate da Fredy PÍna,
uno studente di geologia allíUniversità di Milano. I paesi dellíAmerica del sud
spesso a causa della corruzione dei loro governi diventano il laboratorio
ideale per queste ricche multinazionali occidentali che, con le loro promesse
di sviluppo, riescono ad insinuarsi a livello politico ed economico sfruttando
il territorio e la popolazione per il proprio interesse.
Ý [Pietro Guglielmetti, ecoinformazioni]