da Ecoinformazioni
del 12 marzo 2004
No alla privatizzazione dell’acqua. Una vittoria europea per il Comitato italiano per il contratto mondiale dell’acqua, Attac, Forum ambientalista e gli autori delle tante e-mail inviate agli euro parlamentari. A Strasburgo passano due emendamenti per la difesa delle risorse idriche come beni pubblici. Il punto della situazione con Roberto Fumagalli, presidente del Circolo Ambiente di Merone.
L’Europa dice no alla
privatizzazione dell’acqua. L’iniziativa a Strasburgo del Comitato italiano per
il contratto mondiale dell’acqua, di Attac e del Forum ambientalista con
l’audizione di Petrella, Zanotelli, Danielle Mitterand nell’europarlamento,
insieme alle numerose e-mail inviate dai cittadini agli europarlamentari ha fatto
centro. La mobilitazione è nata infatti per un solo scopo: la salvaguardia
dell’acqua come risorsa pubblica. E proprio contro le privatizzazioni sono
i due emendamenti passati al parlamento di Strasburgo, con 201 voti contro 106
contrari.
Il primo emendamento esprime una
tendenza generale contraria alla mercificazione della prima risorsa vitale:
«L’europarlamento ritiene che, essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, la
gestione delle risorse idriche non debba essere assoggettata alle norme del mercato
interno liberalizzato e privatizzato». Il secondo estende il campo ad altri
servizi di dominio pubblico: «L’europarlamento raccomanda fortemente di cessare
ogni ulteriore forma di liberalizzazione dei servizi pubblici come l’acqua, la
salute e l’educazione».
Ma non è tutto oro quel che
luccica...Roberto Fumagalli, presidente di Circolo Ambiente di Merone, pur
considerando «un passaggio importante e una vittoria» tale successo europeo,
svela i retroscena del provvedimento, delineando il quadro globale e locale in
tema di acqua. «È una vittoria della società civile – commenta Fumagalli –
contro le lobby e il loro potere, oltre che contro la linea privatizzatrice
delle risorse. Un passo importante soprattutto in Europa, dove le
multinazionali dell’acqua hanno un grosso peso». Ecco la prima nota dolente: il
ruolo delle multinazionali europee. «In particolare quelle francesi, tedesche
ed inglesi che fanno una grande pressione sui politici».
Non a caso, infatti, la
Commissione europea guidata da Romano Prodi ha chiesto la privatizzazione dei
servizi idrici in 72 Paesi del mondo. Contro tale domanda punta il dito il
presidente del Circolo Ambiente. «Si tratta di un paradosso; mentre in Europa
si decide di preservare la natura pubblica dei servizi idrici, si chiede di
privatizzarli ad altri Paesi, 30 dei quali sono i più poveri al mondo». La
richiesta riguarda infatti stati come il Burundi e la Bolivia. Il caso del
Paese latinamericano, in particolare, è emblematico. «Tra il 1999 e il 2000 in
Bolivia scoppiò la “guerra dell’acqua”, dopo che la gestione delle risorse
idriche fu affidata ad una multinazionale, la quale triplicò i costi
dell’acqua. Al termine di questo drammatico conflitto la multinazionale fu
letteralmente scacciata e si tornò alla gestione pubblica del servizio».
Entro quest’anno, quindi, saranno
definiti gli accordi del Gats, che riguardano il commercio dei servizi e
comprendono la richiesta presentata dalla Commissione europea.
Tornando alla situazione europea,
Fumagalli sottolinea la disomogeneità della gestione delle risorse idriche. «In
Italia l’85% della gestione è pubblica, mentre in Francia questa percentuale
scende al 40%. Lo scenario generale europeo è caratterizzato dalla pressione
esercitata dalle lobby sul parlamento di Strasburgo. L’organo politico cerca
quindi delle strade all’interno dei Gats per rispondere a tali pressioni.
Evidentemente, però, l’impegno della società civile ha scongiurato la politica
delle privatizzazioni».
E a livello locale? «A Como e
Lecco il 100% dell’acqua è pubblico, gestito dai Comuni, dai consorzi e dalle
aziende municipalizzate». Lo scenario però potrebbe cambiare. «La legge Galli
ha sancito la nascita degli Ato, Ambiti territoriali ottimali. Gli Ato della
Lombardia non hanno ancora affidato la gestione delle risorse idriche. Perciò
occorre fare pressione sui politici anche a livello territoriale, per prevenire
un’eventuale tendenza alla privatizzazione».
Il 19 marzo, a Roma, si tiene nel frattempo l’assemblea del Comitato italiano per il contratto mondiale dell’acqua, di cui Circolo Ambiente è referente locale. In quest’occasione potranno nascere nuove iniziative di mobilitazione, come l’invio di e-mail a Strasburgo, e sarà avviato il censimento della gestione degli Ato.
Intanto l’impegno sul campo delle
numerose associazioni che lottano per la tutela delle risorse naturali va
avanti. Cosa si può fare a tal proposito? «Anzitutto informare i cittadini sui
rischi della privatizzazione di un servizio pubblico. Basti pensare al caso di
Arezzo, dove la gestione affidata ad una multinazionale è stata valutata dagli
stessi addetti ai lavori un insuccesso. In secondo luogo occorre fare pressione
sugli amministratori, a tutti i livelli, affinché non venga avviata questa
privatizzazione di stampo neo liberista, che a volte si rivela realmente
irreversibile».
[Barbara Battaglia, ecoinformazioni]