Dopo la sentenza dell’Antitrust
sulla legge lombarda sui servizi idrici
“Bisogna mantenere la gestione totalmente pubblica dell’acqua, senza
passare dalle gare”
MILANO - “Dopo la sentenza
dell’Antitrust, l’unico modo per assicurare una gestione corretta dei servizi
idrici è quello di affidarli a soggetti interamente pubblici, senza passare
dalle gare”. È questo il commento del Comitato Italiano del Contratto
Mondiale sull’Acqua, che interviene in merito alla sentenza con cui
l’Autority per la Concorrenza si è espressa sulla legge della Lombardia sui
servizi idrici.
Scrive l’Antitrust nella sentenza: “La Regione Lombardia, con la Legge
Regionale 12 dicembre 2003, n. 26, modificata da ultimo dalla Legge Regionale
29 gennaio 2009, n. 1, ha, invece, previsto una organizzazione del servizio
idrico che prevede la separazione tra l’attività di gestione della rete e
quella di erogazione del servizio. Come conseguenza di tale scelta, la Regione ha
implementato un autonomo metodo tariffario per la regolazione e la
determinazione della tariffa del servizio idrico integrato”.
E ancora: “Poiché la
legge in commento prevede che la somministrazione dell’acqua avvenga in regime
di esclusiva, il modello lombardo sembra preludere alla duplicazione di
posizioni di monopolio”.
L’Antitrust prosegue criticando i “criteri di qualificazione e aggiudicazione delle gare
per all’affidamento dei servizi pubblici locali ”, ritenendoli distorsivi del mercato e della
concorrenza.
Alla luce delle contestazioni dell’Antitrust e della
confusione su una possibile impugnazione da parte del Governo, il Contratto
Mondiale sull’Acqua:
·
Chiede
alla Regione
Lombardia di sospendere l’applicazione della legge regionale n. 1 del 2009 per la parte relativa alla
suddivisione tra gestione ed erogazione e la messa a gara di quest’ultima.
·
Si
appella a tutti i Sindaci dei Comuni della Lombardia - in particolare quelli
referendari - affinché si interrompano i percorsi (avviati in alcuni ATO, tra
cui quello della provincia di Milano) per la separazione di gestione ed
erogazione e si sospendano le gare.
Secondo il Comitato italiano, in tale scenario, l’unico
modello applicabile è quello dell’affidamento diretto di tutto il servizio
idrico (gestione ed erogazione) a società totalmente pubbliche. Il
tutto come consentito dalla nuova legge regionale n. 1/2009, votata
all’unanimità dal Consiglio Regionale a
seguito dell’azione referendaria intrapresa da ben 144 comuni lombardi. Infatti
con la nuova norma, gli ATO hanno ora la facoltà di affidare direttamente
l’intero servizio idrico a società cosiddette “in house”, cioè di proprietà
esclusivamente pubblica, senza ricorrere ad alcuna gara, passaggio,
quest’ultimo, che avrebbe aperto ai privati.
Solo in
questo modo, sostiene il Contratto Mondiale sull’Acqua, tutto il ciclo
delle acque potrà restare fuori dalle regole del mercato e della concorrenza.
In tal modo si potrà evitare la privatizzazione dell’acqua, un bene comune che
deve essere gestito solo a livello pubblico, senza cadere nelle logiche
della finanziarizzazione e degli intrecci societari che, nel disegno di
Formigoni, avrebbero avuto in A2A il soggetto lanciato alla
conquista della gestione dell’acqua di tutta la Regione, unitamente ad energia,
gas e rifiuti.
Si ricorda che a gennaio la stessa Federutility
(la federazione che riunisce le aziende di gestione dei servizi pubblici) aveva
salutato positivamente la modifica alla legge regionale, “perché riconduce ad unità il
ciclo idrico integrato. La precedente normativa rischiava di frammentare in
segmenti operativi diversi quello che deve invece rimanere unito: il ciclo
industriale dell’acqua.”. Ed ancora: “La modifica normativa attuata
dalla regione Lombardia ha anche il pregio di ripristinare il diritto per gli
enti locali (in questo caso gli Ato) a scegliere tra tutte le forme di
affidamento previste dalla normativa europea…”.
Secondo
il Contratto Mondiale sull’Acqua, la partita deve essere giocata anche
sul piano nazionale: occorre battersi per pretendere una modifica della
norma nazionale (l’art. 23 bis della legge n. 133, votata ad agosto 2008),
che a sua volta “obbliga” a ricorrere alla gara per l’affidamento dei servizi
pubblici, definiti di rilevanza economica. In questo senso una risposta deve venire dal Parlamento che è
chiamato ad esprimersi con tempestività sulla proposta di Legge di iniziativa
popolare depositata nel luglio del 2007 e tutt’ora giacente presso la
Commissione Ambiente della Camera.
31
marzo 2009