Cominciamo con una storiella.In una piccola cittadina del sud
degli Stati Uniti, il preside della scuola locale ha organizzato una
giornata di festa; la festeggiata del party, non È una bimba o una
maestra: è la Coca Cola. Nel giardino della scuola, oltre agli
insegnanti, ci sono anche i manager della multinazionale di
Atlanta. Tutti sono raggianti, ma un indiscreto bambino commette
un grave errore: si presenta alla festa indossando una maglietta
della Pepsi Cola.
Di fronte allo sbigottimento dei manager della "Coca", insegnanti e
preside prendono immediati provvedimenti: il ragazzino viene
allontanato dal party e sospeso dalla scuola. Motivo?
Insubordinazione nei confronti della scuola e degli ospiti.
Il tragico è che "questa è una storia vera", documentata da
un'autorevole scrittrice e giornalista canadese: Naomi Klein, autrice
del libro ìNoLogoî (Baldini&Castoldi), il libro/manifesto dei
contestatori del "popolo di Seattle" che si batte contro lo strapotere
delle multinazionali colpevoli di sfruttamento del lavoro nelle aree
più povere del mondo.
Il punto di partenza di NoLogo è infatti la politica del branding,
ossia la valorizzazione economica dei marchi nella produzione
capitalistica, che ha trasformato il capitalismo negli ultimi dieci
anni.
Il branding in pratica è il simbolo di una multinazionale (ad
esempio la Nike o l'Adidas) che sostiene di produrre stili di vita più
che scarpe da tennis. I prodotti fisici come le scarpette o le magliette
sono semplici accessori che vengono presentati come espressione di un
immaginario collettivo. Questo è un salto oltre il prodotto come
status symbol, perchÈ appunto il punto centrale è il marchio. Si tratta
inoltre di esportazione di sistemi di vita, di concezione del mondo,
con tutte le drammatiche conseguenze che derivano.
In più sono ormai evidenti le prove di schiavismo con cui vengono
realizzati quei prodotti, rendendo la schiavitù sia culturale che
fisica (le scarpe Nike che ha il tuo vicino o tuo figlio stesso sono fatte
da bambini in condizione di reale schiavitù).
Eí contro questa globalizzazione che dobbiamo mobilitarci.
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