da EcoinformazioniÝÝ del 26.09.2003

 

Acqua: bene comune dell'Umanità , a Lambrugo, giovedì 25 settembre 2003, incontro organizzato dal Comune e dal Circolo Legambiente Merone.

 

Si è svolta ieri, in una sala consigliare gremita da oltre quaranta persone, una serata organizzata dal Comune di Lambrugo, presente nella persona del sindaco, architetto Leonardo Dossena e dell'Assessore all'ecologia Ercole Meroni, e dal circolo di Merone di Legambiente, che ha avuto come tema Acqua: bene comune dell'Umanità, che ha visto come relatore il presidente di questo circolo Roberto Fumagalli.
Ricordando all'uditorio che il 2003 è stato dichiarato dall'Onu, anno internazionale dell'acqua, Fumagalli ha iniziato il suo intervento, asciutto e preciso, con un discorso di carattere globale. Ha cioè portato l'attenzione, con dovizia di particolari e dati precisi, sul problema che, sul nostro pianeta, circa un miliardo e mezzo di persone (cioè circa un quarto della popolazione mondiale) non hanno accesso all'acqua potabile, quindi dovendosi servire di quella non potabile vanno incontro a malattie e si calcola che ogni anno ci siano trentamila morti per acqua inquinata. Nonostante la drammaticità e la portata di questo problema, sembra non esserci la volontà da parte di nessuno di porvi rimedio. Anzi l'acqua sta diventando, o lo è già, un business. Si sta, cioè trasformando l'acqua da bene comune e primario ad affare, e si calcola che la portata del business acqua sia pari a metà di quello riguardante il petrolio. Il rischio peggiore sarebbe quello di iniziare la guerra dell'acqua, in paragone a quella per il petrolio. Se già nel cinquecento fu chiesto a Leonardo da Vinci da parte dei fiorentini di deviare il corso dell'Arno per svantaggiare Pisa, è, seppur non molto noto, criminale il comportamento di Israele che ha occupato militarmente il 90% dei pozzi e delle sorgenti d'acqua dei territori della Cisgiordania, paralizzandone l'agricoltura e assetando e ricattando la popolazione Palestinese. Ci sono Paesi in Africa, come Etiopia, Mauritania, Ciad ed Angola, dove più del sessanta percento della popolazione non ha accesso all'acqua potabile. Il problema è politico, come per il cibo, sul pianeta di acqua ce ne sarebbe per tutti, ma vi è una cattiva distribuzione, volutamente lasciata in essere. Infatti, nell'epoca del mercato globalizzato, si sta andando nella direzione della privatizzazione dell'acqua, si vuole trasformare in merce, quello che è una risorsa comune oltre che un diritto inalienabile. Si arriverebbe a quotare in borsa, il prezzo dell'acqua, che nei paesi poveri sarebbe inaccessibile. Tutto ciò è voluto da multinazionali, per lo più europee, quali la francese Danone o la svizzera Nestlè, che ne trarrebbero enormi guadagni. In Francia, dove hanno sede almeno tre di queste multinazionali, l' 80% dell'acqua potabile è privatizzata, cioè erogata da questi gruppi finanziari. In Italia l'85% dell'acqua è ancora pubblica. Il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, finanziando queste multinazionali ricattano i paesi poveri: in Burkina Faso il governo ha ceduto l'erogazione dell'acqua a una società francese, risultato, il raddoppio del costo per la popolazione, a fronte di nessun investimento nÈ intervento sulla rete. In Sudafrica nel 1998 la stessa operazione ha comportato la sospensione dell'erogazione, per mancato pagamento, a dieci milioni di persone, che dovendosi approvvigionare con acqua infetta, ha portato nel 2000 a duecentomila infezioni da colera e oltre trecento morti. In Colombia a Cochabamba il prezzo mensile della bolletta è arrivato mediamente ai venti dollari, a fronte di un reddito procapite di ottanta dollari. Ci sono state manifestazioni, diventate quasi insurrezioni, e nella repressione poliziesca si sono avuti morti e feriti, prima che gli amministratori tornassero sulle loro decisioni. In Francia, a Grenoble, si è avuto un aumento spropositato delle tariffe, perchÈ la società aveva pagato tangenti per avere l'appalto e intendeva "ammortizzarle" con il prezzo all'utenza. Fortunatamente la magistratura amministrativa ha scoperto tutto e ha annullato la delibera.
Tutto ciò è atrocemente drammatico, ma per i più cinici può apparire come lontano, distante dalla nostra realtà. SennonchÈ, con la Legge Galli del 1994, anche in Italia, la gestione, ripartita per Ato (ambito territoriale ottimale), di acquedotti, impianti di depurazione, fognature sarà assegnata in gare d'appalto, che con ogni previsione saranno vinte dalle stesse multinazionali. A tutt'oggi, in varie zone della Toscana, ad esempio ad Arezzo, ciò è già stato messo in pratica e i prezzi sono lievitati. A questa legge e alla successiva Legge Regionale 21 del 1998, si sta cercando, da parte di oltre centocinquanta sindaci lombardi (in maggioranza delle provincie di Como e di Bergamo) di opporre un Referendum abrogativo che dovrebbe essere indetto nella primavera del 2004.
Al termine dell'intervento di Roberto Fumagalli, si è animato un vivace dibattito, dove le oltre quaranta persone presenti hanno discusso della questione ribadendo che l'acqua è un diritto e non deve essere una merce.

ÝÝÝ [Paolo Caramel, per ecoinformazioni]