da "Il Segno" - marzo 2002

Le guerre per il controllo delle sorgenti

Oro-blu, ricchezza contesa

di Marco Deriu *

Ormai in molti la chiamano l'oro blu del XXI secolo: l'acqua in futuro sarà sempre più risorsa vitale e strategica, al centro dei nuovi conflitti. Secondo un rapporto della Banca Mondiale, circa 80 Paesi, ossia i140 per cento della popolazione mondiale, sono toccati dal problema della penuria d'acqua. Dal 1960 a oggi, nel mondo si è consumata più acqua che nei tre secoli precedenti. In generale la domanda d'acqua raddoppia ogni 21 anni. Se si tiene conto dunque di tutto questo, oltre che della mancanza di una legislazione internazionale in questa materia, diventa chiaro come il problema della spartizione dell'acqua sia sempre più fonte di conflitti, o meglio di "idroconflitti".

In particolare, i Paesi a monte di una fonte idrica possono essere tentati di approfittare della propria posizione strategica e di esercitare pressioni o danneggiare i Paesi a valle. Per esempio i progetti di sfruttamento delle acque del Giordano da parte della Turchia e della Siria porterebbero a diminuire del 35 per cento la portata del fiume in Iraq (addirittura del 50 per cento in un'annata secca). La Turchia intende sfruttare la sua posizione per affermare la sua autorità sui Paesi a valle. In passato in Iraq il regime di Saddam Hussein ha realizzato un terzo fiume fra il Tigri e 1'Eufrate, da Baghdad a Bassora, con diversi scopi, tra cui il prosciugamento delle regioni paludose per provocare l'esodo della popolazione sciita, ostile al regime, che vi abita da millenni.

Diversi conflitti contemporanei hanno tra le cause il problema del controllo dei rifornimenti idrici. Per esempio il conflitto tra Israele, Palestinesi e il resto dei Paesi Arabi della regione (Siria, Giordania, Libano) ha fin dall'inizio, tra le sue questioni di fondo, il controllo delle fonti idriche in una zona povera di acqua. Nelle guerre condotte in questa regione, Israele ha sempre cercato e ottenuto il controllo totale della valle del Giordano, dalle sue sorgenti fino al Mar Morto, e della falda acquifera montana della Giudea e della Samaria. L'occupazione del Golan si spiega, fra l'altro, con il fatto che un terzo dell'acqua utilizzata da Israele proviene da lì. Due terzi delle acque di superficie utilizzate da Israele provengono dai territori occupati.

Un altro caso: nei Balcani uno dei fattori che contribuiscono ad alimentare le tensioni tra gli Stati riguarda la rete idrografica in cui diversi fiumi (Drava, Sava, Drina, Danubio) hanno carattere frontaliero o transfrontaliero, ponendo così il problema della gestione comune delle acque.

Evidentemente il problema della gestione dell'acqua è oggi una questione centrale, non solo a livello di rapporti fra gli Stati ma anche a livello di democrazia. Il mercato dell'acqua fa gola a molti e c'è un effettivo rischio che il servizio pubblico abdichi le proprie responsabilità a favore dei soggetti privati e delle multinazionali. In molte città dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina si è deciso di privatizzare la gestione dell'acqua per problemi finanziari. Il rischio è che l'acqua diventi completamente un prodotto di mercato ed è ovvio che chiunque riuscirà a controllare a livello globale o locale un bene così prezioso raggiungerà un grande potere sulla popolazione. Per questo motivo la gestione dell'acqua deve essere affidata ai cittadini e alle comunità locali tramite organismi appropriati, gestiti e controllati democraticamente.

(*) Istituto di Sociologia, Università di Parma