ERBA,  INCONTRO CON STEFANO MONTANARI:

NANOPOLVERI, NANOPATOLOGIE E IL CASO DEGLI INCENERITORI

 

Ho avuto l’occasione di partecipare a un incontro organizzato dal Comune di Erba con Stefano Montanari, Direttore Scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di San Vito (Modena). Montanari ha trattato un argomento d’avanguardia di cui si inizia a parlare da poco, le nanopolveri e le nanopatologie da esse generate.

Cosa sono le nanopolveri? Si tratta di particolato inorganico di dimensioni comprese tra 10^-7 e 10^-9 metri, cioè tra dieci millesimi di millimetro e un milionesimo di millimetro. Le micropolveri, comprendenti le famigerate PM10, sono decisamente più grossolane, avendo dimensioni dell’ordine di 10^-6 - 10^-5 metri, vale a dire tra un millesimo di millimetro e un centesimo di millimetro. La differenza tra i due tipi è enorme, paragonabile all’incirca a quella esistente tra le dimensioni di un uomo e quelle dell’Everest.

Entrambe le micro- e nanoparticelle sono molto dannose per la salute, sia per la loro grandezza fisica sia per la loro composizione chimica, e sono tanto più pericolose quanto più sono piccole. Ciò significa che le famose PM10 non sono le uniche particelle di cui dobbiamo preoccuparci, e che anzi ne esistono di più piccole a noi più nocive. Le nanopatologie sono tutte quelle malattie – principalmente tumori, ma non solo – provocate dalla penetrazione e dall’accumulo nei tessuti di tali particelle, che essendo molto piccole riescono a entrare all’interno delle cellule arrivando in alcuni casi a introdursi nel nucleo, interagendo quindi col DNA.

La particolarità delle micro- e soprattutto delle nanopolveri è che rimangono sospese in aria per lungo tempo a causa delle loro minuscole dimensioni e possono giungere lontanissimo rispetto al luogo dove sono state liberate. Inoltre non hanno tempo di dimezzamento e non sono biodegradabili, pertanto rimangono indefinitamente in circolazione, fino a depositarsi al suolo o a inserirsi in qualche organismo vivente. In quest’ultimo caso le nanopolveri si accumulano nei tessuti ed è praticamente impossibile liberarsene sia attraverso il metabolismo sia con tecniche artificiali, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze.

Le principali vie di assunzione sono l’inalazione e l’ingestione. Cito qualche esempio riportato da Montanari. La caduta delle Torri Gemelle ha ufficialmente causato finora 400.000 malati a causa delle polveri liberatesi in atmosfera, ma probabilmente il numero reale è molto superiore, addirittura sopra il milione. Tutti i cani che sono stati utilizzati per le operazioni di soccorso sono morti di tumore. Un secondo esempio è il caso di una signora che per svariati anni si faceva portare del radicchio di campagna proveniente da un colle vicino a Modena. Le alte concentrazioni di metalli prodotte da un’industria di ceramica distante qualche chilometro dal colle hanno causato l’insorgere di un cancro nella signora.

Sono molti gli alimenti che contengono nanoparticelle. Il laboratorio Nanodiagnostics ne ha trovate in alcuni tipi di biscotti, pani, carni, in alimenti per l’infanzia e in molti altri cibi. Un esempio per tutti sono le gomme da masticare, che la pubblicità ci invoglia a comprare perché puliscono i denti. Contengono delle nanoparticelle di silicio che effettivamente asportano il cibo rimasto sulle gengive ma che finiscono poi per essere ingerite con la saliva. 

Ma da dove arrivano tutte queste particelle? Certamente sono sempre esistite in natura, liberate in gran quantità dalle eruzioni vulcaniche, dagli incendi e in generale da tutti i fenomeni erosivi agenti sulla superficie terrestre. Attualmente però il ruolo dell’uomo è diventato sempre più evidente. Le attività umane hanno incrementato in maniera esponenziale l’emissione di polveri in atmosfera, fenomeno favorito anche dall’incessante crescita della popolazione mondiale registratasi negli ultimi decenni, con conseguente aumento delle attività inquinanti. Pressoché ogni nostra attività genera polveri, dall’accensione di un fiammifero a una saldatura, da una frenata con l’auto a una qualsiasi attività industriale. Particolarmente dannose sono tutte quelle attività che operano ad alte temperature, come gli inceneritori. A tal proposito Montanari ha espresso con chiarezza la sua contrarietà allo smaltimento dei rifiuti mediante incenerimento. Riporto brevemente le sue argomentazioni. Come abbiamo imparato dalla chimica “nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Perciò quando bruciamo un rifiuto, semplicemente lo convertiamo in un’altra forma, scorporandolo in numerosissime molecole. Queste vengono in parte bloccate dai sistemi di abbattimento presenti negli impianti e dovranno poi essere smaltite da qualche parte, generalmente in discariche – per questo gli inceneritori non sono una valida alternativa alle discariche, in quanto non le sostituiscono – e in parte vengono liberate in atmosfera. Più sono alte le temperature più si libera particolato fine, che, come è già stato detto, è decisamente il più aggressivo e pericoloso per la salute. Un’attenzione particolare la meritano i metalli pesanti, dato che sono tra i maggiori responsabili delle nanopatologie. Essi fuoriescono dai camini sotto forma di ioni, ma appena usciti incontrano temperature minori e si aggregano in nanoparticelle solide, spesso formando leghe del tutto casuali. Il problema è che i nuovi inceneritori lavorano a temperature sempre maggiori, rilasciando di conseguenza enormi quantità di particolato molto fine. Ovviamente durante la conferenza non sono stati presi in considerazione gli altri aspetti riguardanti gli inceneritori, quali l’efficacia dei sistemi di abbattimento e i vantaggi economici e di recupero energetico, ma dal punto di vista medico è emerso che un inceneritore non è un buon affare.

Montanari ha infine espresso qualche dubbio anche relativamente ai nuovi filtri anti-particolato dei motori diesel, i cosiddetti veicoli euro 4. I filtri infatti finiscono per sminuzzare ulteriormente le micropolveri liberando grosse quantità di nanopolveri, molto più aggressive.

L’intervento si è concluso con l’auspicio che venga introdotta a breve una regolamentazione sulla produzione di nanopolveri, dato che finora non esistono limiti di emissione da rispettare. È evidente che per affrontare il problema bisogna conoscerlo a fondo, e per questo occorrerebbe investire molto in ricerca.

 

 

A cura di Giulio Curioni, del Circolo Ambiente “Ilaria Alpi”  -  ottobre 2006